I fondi neri della coscienza

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Bossi e Belsito

Sarebbe troppo facile, alla luce di quel che sta emergendo attorno alla Lega Nord, ricordare il famoso slogan “Roma ladrona la Lega non perdona”, e ricamare, su questo, tutta la critica contro quel partito e la sua incoerenza, il suo tradimento.

Quello che vorrei proporre in queste poche righe è una riflessione sulla manipolazione, su quell’aberrante fenomeno umano per cui l’uno usa l’altro per il suo tornaconto personale.  Un meccanismo vecchio come il mondo e, purtroppo, sempre in auge.

La Lega Nord nasce come un movimento per la difesa delle istanze, più che altro economiche, del Nord Italia, a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, e si sistema su posizioni incomprensibili per la politica di allora. Riesce ad attirare l’attenzione dei più proponendo un’idea superficiale di federalismo che, in ogni caso, riesce a garantire un ambito composto da estremisti nordisti e  perseguitori di un federalismo fattibile per il nostro Paese.

Sin da subito questa ambivalenza pone il Movimento nella difficile posizione di doversi difendere dalle accuse di razzismo che, agli inizi, erano rivolte soprattutto per le parole che,  il Movimento con i suoi dirigenti più importanti, rivolgevano nei confronti dei popoli meridionali, visti come indolenti, nullafacenti e, in una parola, “terroni”

Il giustizialismo, il populismo e il modo diretto di porsi del leader Umberto Bossi crearono, nella prima metà degli anni 90 anche sull’onda emotiva prodotta da tangentopoli, un vero e proprio fenomeno di massa, un nuovo modo di fare politica, anche con soluzioni interessanti come l’antipartitismo e, appunto, il federalismo.

Poi, quando l’effetto tangentopoli e l’antimeridionalismo svanirono, ecco che la Lega si trovò nella condizione di rigenerarsi o scomparire, e decise di “rigenerarsi”. Da quel momento tutto cambiò e, la Lega, venne assorbita in tutto e per tutto, da quel meccanismo infame che è il consociativismo politico.

Per fare questo venne inventata “la Padania” come terra promessa mentre, come nuovo nemico (perché il giustizialismo ha sempre bisogno di un nemico per esistere), venne trovato il facilissimo pericolo extracomunitario, ed è qui, in questo momento della sua storia, che nasce l’infimo progetto dello sfruttamento del più deboli per i propri fini, il marchio, cioè, della disumanizzazione, del calcolo infame e della manipolazione che fece grandi i regimi nazisti e stalinisti

Quello che mi sconcerta non è tanto che un partito abbia usato denaro pubblico per finanziare i godimenti dei propri leaders, quanto, nel caso della Lega Nord, aver pianificato la demonizzazione di massa dell’extracomunitario e poi, mentre ciò accadeva, l’aver investito denaro pubblico in Tanzania, in quell’Africa cioè, che da sempre è vista, da questo manipolo di personaggi nemmeno capaci di essere fino in fondo fascisti, come la serie B dell’umanità, l’essere inferiore nei confronti della cultura occidentale.

Ecco, questo modo di fare, questo modo di interpretare l’esistenza mi fa orrore come, mi fanno orrore profondamente le presunte persone che la mettono in atto. Una logica di questo genere è quanto di più vicino a ciò che, nella storia, ha reso possibili massacri, pulizie etniche, guerre, campi di sterminio, gulag.

La storia che si ripete è sempre quella in cui l’essere umano ne esce sconfitto ed umiliato nella sua dignità. La storia non si ripete, invece, nei grandi momenti di cambiamento e lucidità, in quel momento, infatti, il vento primaverile del nuovo, è sempre innovativo e mai assaporato prima, Speriamo tanto che, questo vento, si porti via gli esponenti infimi del marciume morale, e ci regali tempi in cui la dignità respiri a pieni polmoni l’ossigeno della coerenza umana. Ne abbiamo proprio un grande bisogno.