La stagione delle illusioni

cairoDopo la “manita” subita ieri sera dal Genoa e la relativa esclusione dalla possibile partecipazione alla prossima Europa League 2015/2016, in casa granata è tempo di bilanci.

All’inizio di questa stagione dobbiamo dire la verità, esisteva uno scetticismo pari a quello dei cugini juventini nei confronti di Allegri. Cerci e Immobile erano stati ceduti perché, come al solito, le società che negli anni si susseguono, non riescono mai a trattenere nessuno; forse si tratta di un virus che, in città, colpisce solo i colori granata.  Al posto dei due gioielli che hanno rinverdito i fasti dei “Gemelli del gol”, venivano ingaggiati Amauri e Quagliarella, a cui venivano aggiunti, in attacco, Martinez e Larrondo. Questo per ciò che concerneva il reparto avanzato. In difesa Janson e, in mezzo al campo, Ruben Perez, Bruno Peres, Benassi e Sanchez Mino. Una squadra stravolta e, ancora e come sempre, smantellata. Ogni anno il dovere morale, per tutti noi, è iniziare tutta daccapo.

La prima parte della stagione, veniva accolta come da copione: delusione, frustrazione e recriminazione, mentre molti di noi, andavano a riguardarsi i gol di Cerci e Immobile che, nel frattempo, in terra straniera diventavano giocatori normali, abbandonando anch’essi, i fasti gloriosi che furono.

Poi, dopo il derby di andata perso a tempo scaduto, una serie incredibile di risultati utili consecutivi e il bel cammino in Europa, ci facevano riaccendere la fiamma della speranza, che si faceva fuoco, dopo la gloriosa notte di Bibao.

Sali,  sali, che ti piace salire Toro, arrivavano con il pieno di entusiasmo all’appuntamento con lo Zenit di San Pietroburgo, un avversario davvero alla portata. Pochi minuti e, dopo l’espulsione di Benassi, ecco che, l’occhio attento dello scafato tifoso, con almeno un trentennio di esperienza sulle spalle, capiva che l’idillio era giunto al suo termine e che, da lì in poi, avrebbe rivissuto i tempi dell’amarezza e della mediocrità.

Nemmeno il derby vinto dopo vent’anni riusciva ad evitare la disfatta di una stagione importante e bellissima, considerando il materiale umano e lo smantellamento cairota.

Il grazie di tutti noi tifosi, quindi, va in primis a quel mago di Gian Piero Ventura che, ad eccezion fatta per la gestione del caso Bianchi, annovero fra i cinque allenatori più importanti della nostra storia; e poi ai giocatori che ci hanno creduto fino in fondo.

Certamente non è possibile ringraziare la dirigenza che, come sempre, ha pensato al profitto e non all’investimento perché, mai come alla fine della scorsa annata, esistevano le condizioni per un salto di qualità epocale, e invece no, si è preferito giocare al ribasso, cercando l’ennesimo miracolo di Ventura; e il miracolo, per un po’ c’è anche stato, vedi un Quagliarella che, probabilmente sancirà il suo record personale di segnature in serie A, oppure un Maxi Lopez che, da riserva di Meggiorini nel Chievo, si rigenera ed è decisivo in molte occasioni.

Oggi ci ritroviamo con nulla in mano, con nessun risultato acquisito, e con il solito film di fronte: le super possibili cessioni di Glik e Darmian, i tira e molla snervanti sugli obiettivi di mercato (Maxi part one, Derdiok, Goulam e Ilicic) e senza disputare le coppe, con la relativa discesa nel purgatorio della mezza classifica. Tutto questo mentre, la Juventus Fc, vince campionati, arriva tra le 4 grandi d’Europ, e ha la possibilità di uno storico “triplete”.

Insomma, morto un Berlusconi, se ne fa un altro, si chiami Cairo o Renzi, la musica è sempre quella: la parola che assume più importanza del fatto, la promessa che diviene modus operandi, e in mezzo noi tifosi che ci sforziamo nel continuare a vedere una speranza di risultato, a quasi quarant’anni dall’ultimo scudetto e a più di venti dalla vittoria di una Coppa Italia.

Insomma Cairo o dentro o fuori, questa è l’ultima chiamata per essere ricordato come il presidente della rinascita dalle ceneri, o come il solito opportunista che comprò il Toro fallito e ne fece un’azienda da sfruttare, violentare e buttare. Spero proprio non sia così.